A Messina, presso il museo
regionale, si conserva il capolavoro
“Resurrezione di Lazzaro”. Si tratta di un olio su tela, cm 380x275, del
celebre pittore milanese Michelangelo Merisi (1571 - 1610), più noto come
Caravaggio.
L’opera è stata dipinta nel 1609,
e si deve alla irrequieta permanenza di Caravaggio a Messina dopo la sua fuga
da Malta e la cacciata dall’Ordine dei Cavalieri giovanniti: risale infatti al
1608 la privatio habitus premessa
alla successiva espulsione secondo la formula tamquam membrum putridum et foeditum.
La tela, commissionata per 1000
scudi dal banchiere genovese Giovanni Battista de' Lazzari, che dapprincipio si
sarebbe impegnato con i Padri crociferi per la consegna di una pala d’altare per
la Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo dei Pisani raffigurante il Battista svettare
sugli altri santi circostanti la Vergine col Bambino, viene totalmente rivista
dal pittore[1], che
invece nei mesi successivi consegnerà una meraviglia del naturalismo appunto caravaggesco:
Resurrezione di Lazzaro.
Una delle ipotesi più accreditate
che portarono al mutamento dell’iconografia, si deve secondo gli studiosi al
fatto che Caravaggio si ispirasse al cognome del committente e alla missione
dei Padri crociferi di assistere i moribondi. Non sfugge, infatti, che questi
reggessero la Chiesa suddetta conosciuta anche col nome de’ Ministri degli Infermi.
Pare che per dipingere Lazzaro
l’artista disseppellisse un cadavere in stato avanzato di decomposizione,
facendolo reggere da alcuni facchini sotto minaccia di arma bianca. Nulla è
lasciato al caso: Lazzaro, indicato dal Cristo, come uscito dal sepolcro[2]
assume la forma della croce, forse di rimando all’abito dei crociferi, mentre alla
destra si notano Marta e Maddalena chine sul fratello che avean perduto parimenti
al committente della tela.
Il corpo del resuscitato, su cui
si proietta un fascio di luce che procede dalle spalle di Gesù, mantiene ancora
la rigidità tipica della morte, pervasa ormai da un timido movimento di
risveglio che annuncia il ritorno alla vita sotto gli occhi di una folla testimone
del miracolo in cui si intravede lo stesso autore dell’opera.
Per via dei colori utilizzati, senza
dubbio di derivazione locale, e per le caratteristiche delle pennellate, in
molte parti appena accennate, si ritiene che la tela tradisca una certa fretta
di esecuzione. Si sa, infatti, che la permanenza di Caravaggio in Sicilia sarà
piuttosto breve, e non si esclude che sentendosi braccato a motivo dell’omicidio
di Ranuccio Tommasoni tre anni prima a Roma, l’artista decidesse di fuggire a
Palermo e poi a Napoli nella speranza di mettersi sotto la protezione dei
Colonna. Nella convinzione poi di ottenerne la sospensione della pena dal Papa,
Michelangelo Merisi lascia la città partenopea ma, invece di trascorrere il tempo necessario per
l’ottenimento del condono papale sotto l’egida degli Orsini, muore in
circostanze poco chiare a Porto Ercole il 18 luglio 1610.
David G. Truscello
[1] G.
Capecelatro, Tutti i miei peccati sono
mortali. Vita e amori di Caravaggio, il Saggiatore, Milano, 2010, p. 233;
[2] G. P.
Bellori, Le vite de' pittori, scultori et
architetti moderni, Arnaldo Forni Editore, Sala Bolognese, 1976, p. 210;