domenica 7 ottobre 2018

La battaglia di Lepanto



Sono passati oltre 4 secoli dalla mattina del 7 ottobre 1571 quando la flotta della Lega Santa cattolica e quella dell’impero ottomano si scontrarono nei pressi delle isole Curzolari, più precisamente nel Golfo di Patrasso in quella che è passata alla storia come Battaglia di Lepanto.

Per entrambi i contendenti lo scontro aveva importantissimi caratteri simbolici ma soprattutto strategici e politici. Per i cristiani era l'opportunità di fermare la talassocrazia dell'impero ottomano che dopo anni di espansione aggressiva aveva conquistato le basi cristiane, più propriamente di Venezia, nel mar Ionio ed Egeo e nel 1522 l’isola di Rodi, sottraendola all’Ordine di San Giovanni. 
Nel 1565 i turchi assediarono l’isola di Malta,  divenuta la nuova sede dell’Ordine. L’assedio non sortì effetto grazie all'eroica resistenza dei Cavalieri giovanniti: la piccola flotta del Ducato di Savoia al comando di Andrea Provana di Leynì organizzò con successo una spedizione anfibia per aiutare gli assediati di Malta, che prende il nome di “piccolo soccorso”, sbarcando nell’isola truppe e rifornimenti.
La vittoriosa resistenza di Malta fu un motivo d’incoraggiamento per la riscossa cristiana, ma anche un campanello di allarme. Altri fattori resero però possibile la grande giornata di Lepanto, fra i quali, decisiva fu l'azione del domenicano Papa Pio V - canonizzato nel 1712 - che con opera energica, ostinata e paziente riuscì a coalizzare le Potenze cattoliche contro lo strapotere marittimo turco. Per opera di questo Pontefice nacque così il 20 maggio 1571 la “Lega Santa” : le forze navali degli Stati partecipanti si riunirono finalmente a Messina sotto il comando di don Giovanni d’Austria, fratello illegittimo di Filippo II di Spagna, preferito ad Emanuele Filiberto di Savoia, il cui nome era stato suggerito dal Papa.
Partecipavano alla Lega le forze navali di Spagna (comprendenti anche il Regno di Napoli, Sicilia e Sardegna), della Repubblica di Venezia,  dello Stato Pontificio, dell’Ordine di San Giovanni e del Ducato di Savoia presente con tre galere: la Capitana di Savoia al comando di Domenico Costantino e sulla quale alzava l’insegna l’Ammiraglio Andrea Provana di Leynì,  la Margarita al comando di Giovanni Battaglino e la Piemontesa comandata da Ottaviano Moretto che perì nello scontro. Secondo la tradizione la Capitana di Savoia portava a riva uno stendardo quadrato, bianco con un grande sole nel mezzo da cui si diramavano raggi di porpora e oro, al centro del sole campeggiava l’immagine della Madonna che presentava la S. Sindone sorretta dagli angeli. Lungo i lati del sacro vessillo correva la scritta “Protector noster aspice Deus et respice in faciem” (Dio nostro protettore guardaci e proteggici), tale stendardo è conservato nella Cappella del Rosario della splendida Chiesa gotica di S. Domenico in Torino. Tanti gentiluomini, il fiore della nobiltà piemontese, presero parte alla grande impresa e molti di loro vi perirono. Tra essi ricordiamo don Francesco di Savoia-Racconigi, discendente del ramo di Acaia, il conte Chiaberto Piossasco di Scalenghe, Cesare Provana di Leyni, il Cavaliere di san Vitale, il capitano Badat di Nizza e Antonio Grimaldi di Castelnuovo.
Certo la piccola flottiglia sabauda era oggettivamente ben poca cosa in una squadra composta da oltre 185 unità, ma per le doti di combattività e valore dimostrate e riconosciute agli equipaggi e al suo comandante già ai tempi del Grande Assedio di Malta fu deciso che la Capitana di Savoia  fosse posta in un settore cruciale per le sorti della battaglia: al centro dello schieramento della cosiddetta “squadra azzurra” e quindi dell’intero dispositivo che comprendeva la Reale di Spagna con Don Giovanni d’Austria con a diritta la capitana pontificia con Marcantonio Colonna, a sinistra la capitana di Venezia con Sebastiano Veniero e subito dopo la Capitana del Conte di Leynì. Essere posti tra le navi ammiraglie, a loro protezione, era grande segno di stima e considerazione delle virtù militari del Provana, anche se il compito affidatogli di supporto e protezione era apparentemente più da fido subalterno che da consocio. Anche oggi accade lo stesso in un dispositivo navale alleato dove i compiti secondari ma più difficili vengono affidati all’alleato con un contingente più piccolo ma più efficiente. Il comportamento del Provana, ancorché ferito alla testa da una archibugiata, fu abile ed audace e servì a bloccare l’assalto di una capitana turca diretta contro lo schieramento del Colonna e a rintuzzare i successivi assalti al centro dello schieramento contro le navi ammiraglie cristiane.
La giornata di Lepanto si concluse con la completa disfatta ottomana e da quel momento iniziò il lento ma inesorabile declino dell’Impero dei sultani. La Chiesa Cattolica a ricordo di quella memorabile vittoria istituì il 7 ottobre la festa del S. Rosario e la commemorazione di S. Maria della Vittoria.
La partecipazione del Provana alle imprese di Malta durante il Grande Assedio del 1565 e la bella prova data dai suoi equipaggi alla Battaglia di Lepanto segna la nascita e la crescita della Marina Sabauda, passo importante e lungimirante per uno Stato che finora aveva perseguito principalmente obiettivi continentali. L’anno dopo Lepanto con la Bolla di Papa Gregorio XIII nasceva l’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e le unità navali che avevano preso parte all’epica battaglia furono messe a disposizione dei Cavalieri del neocostituito Ordine.
Le sconfitte ottomane subite a Malta e a Lepanto arginarono decisamente l’espansionismo turco nell’Europa occidentale e il merito non è tanto dei “cristiani” come genericamente si afferma ma solamente dei “cattolici”; furono unicamente le potenze degli Stati cattolici (Spagna, Austria, Venezia, Ducato di Savoia, Ordine di San Giovanni, Polonia etc) sotto la guida dei Romani Pontefici a impegnarsi affinché l’Europa intera non divenisse un protettorato del Gran Turco e le radici cristiane sopravvivessero sino a noi e ciò nell’indifferenza colpevole degli stati protestanti o peggio nell’ambigua politica dei Re di Francia.

Amm. Antonio  Ponzio