martedì 9 aprile 2019

Resurrezione di Lazzaro



A Messina, presso il museo regionale, si conserva il capolavoro  “Resurrezione di Lazzaro”. Si tratta di un olio su tela, cm 380x275, del celebre pittore milanese Michelangelo Merisi (1571 - 1610), più noto come Caravaggio.
L’opera è stata dipinta nel 1609, e si deve alla irrequieta permanenza di Caravaggio a Messina dopo la sua fuga da Malta e la cacciata dall’Ordine dei Cavalieri giovanniti: risale infatti al 1608 la privatio habitus premessa alla successiva espulsione secondo la formula tamquam membrum putridum et foeditum.
La tela, commissionata per 1000 scudi dal banchiere genovese Giovanni Battista de' Lazzari, che dapprincipio si sarebbe impegnato con i Padri crociferi per la consegna di una pala d’altare per la Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo dei Pisani raffigurante il Battista svettare sugli altri santi circostanti la Vergine col Bambino, viene totalmente rivista dal pittore[1], che invece nei mesi successivi consegnerà una meraviglia del naturalismo appunto caravaggesco: Resurrezione di Lazzaro.
Una delle ipotesi più accreditate che portarono al mutamento dell’iconografia, si deve secondo gli studiosi al fatto che Caravaggio si ispirasse al cognome del committente e alla missione dei Padri crociferi di assistere i moribondi. Non sfugge, infatti, che questi reggessero la Chiesa suddetta conosciuta anche col nome de’ Ministri degli Infermi.  
Pare che per dipingere Lazzaro l’artista disseppellisse un cadavere in stato avanzato di decomposizione, facendolo reggere da alcuni facchini sotto minaccia di arma bianca. Nulla è lasciato al caso: Lazzaro, indicato dal Cristo, come uscito dal sepolcro[2] assume la forma della croce, forse di rimando all’abito dei crociferi, mentre alla destra si notano Marta e Maddalena chine sul fratello che avean perduto parimenti al  committente della tela.
Il corpo del resuscitato, su cui si proietta un fascio di luce che procede dalle spalle di Gesù, mantiene ancora la rigidità tipica della morte, pervasa ormai da un timido movimento di risveglio che annuncia il ritorno alla vita sotto gli occhi di una folla testimone del miracolo in cui si intravede lo stesso autore dell’opera.
Per via dei colori utilizzati, senza dubbio di derivazione locale, e per le caratteristiche delle pennellate, in molte parti appena accennate, si ritiene che la tela tradisca una certa fretta di esecuzione. Si sa, infatti, che la permanenza di Caravaggio in Sicilia sarà piuttosto breve, e non si esclude che sentendosi braccato a motivo dell’omicidio di Ranuccio Tommasoni tre anni prima a Roma, l’artista decidesse di fuggire a Palermo e poi a Napoli nella speranza di mettersi sotto la protezione dei Colonna. Nella convinzione poi di ottenerne la sospensione della pena dal Papa, Michelangelo Merisi lascia la città partenopea ma, invece di  trascorrere il tempo necessario per l’ottenimento del condono papale sotto l’egida degli Orsini, muore in circostanze poco chiare a Porto Ercole il 18 luglio 1610.

David G. Truscello



[1] G. Capecelatro, Tutti i miei peccati sono mortali. Vita e amori di Caravaggio, il Saggiatore, Milano, 2010, p. 233;

[2] G. P. Bellori, Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, Arnaldo Forni Editore, Sala Bolognese, 1976, p. 210;